A Pitti come star, Rizzoli e gli arbitri 2.0 scherzano, posano e proteggono i giovani: "Facciamoli crescere"
Non ci sono più gli arbitri di una volta, verrebbe da dire. Almeno quelli chiusi nella propria campana. Ora si comportano da star, vanno alle kermesse di moda da invitati, sono disponibili e si fanno fotografare e riprendere sempre sorridenti e senza quella giacchetta nera che incute un certo timore. E qualcuno parla anche, d'altronde Nicola Rizzoli è il fiore all'occhiello della categoria e l'aver arbitrato la finale mondiale in Brasile sembra avergli dato anche l'autorevolezza e l'autorità per poter parlare ai media. Lui, Gianluca Rocchi e Paolo Tagliavento, colleghi e amici tra di loro, si possono senz'altro definire gli arbitri moderni, la generazione 2.0 dei fischietti insomma. Eccoli a Pitti, la kermesse di moda fiorentina, dove sono ormai di casa, disinibiti, scherzano, passano dallo stand di Tombolini a quello di Ortigni, brindano e salutano anche altri espositori, accompagnati dall'ex De Marco ormai moviolista Premium e dal designatore Emidio Morganti, mentre Tagliavento fa il papà portandosi la bambina dietro. E Rizzoli, come detto, parla con i media e pensa anche alla generazione di fischietti successiva "Diamo ai giovani la possibilità di crescere perché sono il nostro futuro e non dobbiamo "ammazzarli" al primo errore ma penso che anche addetti ai lavori, allenatori e giocatori abbiano capito. Il confronto è importante, ma bisogna essere predisposti da entrambi le parti e non alzare muri. Questa parte di stagione comunque è andata bene, non ci sono stati errori clamorosi e per quanto riguarda le squadre la classifica rispecchia i valori in campo". Addirittura dà anche "l'in bocca al lupo a Spalletti (alla Roma, ndg), lui è un ottimo allenatore ma gli allenatori italiani sono di ottimo valore". Rizzoli cerca di coinvolgere anche Rocchi, molto più ti ido del collega, che declina e dice "no no, parla tu che sei il rappresentante"; effettivamente la star più star è senz'altro il fischietto bolognese. E non è certo un male.