Tavecchio presidente federale: vittoria dei conservatori e di Lotito ma bisognava pensarci prima
"Sarò il presidente di tutti, soprattutto di coloro che hanno espresso dissenso" sono queste le prime parole di Carlo Tavecchio, eletto presidente della Figc al terzo scrutinio, segnale soprattutto di una serie A spaccata (otto presidenti avevano chiesto un passo indietro ai candidati, ma anche gli arbitri oggi si sono schierati apertamente contro Tavecchio). E’ stato eletto con il 63,63% dei voti dall’assemblea elettiva riunita all’Hilton Airport di Fiumicino. Demetrio Albertini si è fermato al 33,95%. Le schede bianche hanno raggiunto il 2,42%. I voti espressi sono stati 487.38. È la vittoria dei veleni, usciti allo scoperto anche oggi, tra Preziosi e Agnelli, tra Cairo e Lotito, tra Ferrero e Lotito. Un Lotito che di sicuro, avendo guidato quasi la mano dei presidenti votanti, esce rafforzato. Quando si è ventilata la possibilità di affidargli il club Italia il presidente del Torino ha tuonato "a tutto c'è un limite" e quello della Samp, nel suo parlare pittoresco, ha detto di lui "se c'è un matrimonio Lotito vuole fare lo sposo, se c'è un funerale vuole fare il morto". Come dargli torto? La vittoria di Tavecchio, si sa, è la vittoria di Lotito ma su questo andava forse ragionato prima dell'assemblea in cui tutta la A gli accordò la fiducia. A candidature chiuse, con il solo e poco amato Albertini a contendergli la poltrona, non è servito a nulla pentirsi. È la vittoria dei conservatori, è vero, che hanno messo in mano il calcio italiano a chi ha contribuito a peggiorarlo finora (nessuno può sentirsi escluso e guidare i dilettanti è forse più facile che guidare l'intero sistema), ma i riformisti si sono svegliati troppo tardi e allora la speranza è che Tavecchio sappia prendere atto dei dissensi e soprattutto dei dubbi mostrati non solo sulla forma ma sulla sostanza e sappia davvero essere il presidente di tutti per il bene del calcio italiano.